UNTITLED

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Alessandro Fusacchia wrote the novel, Davide Rubini turned it into a book. But now they are facing a serious dilemma: what to call it.

They need a title. You can help them. In fact YOU pick the title. You have time until 5 November 2008.

But wait a minute. How can you give a novel a title without having read it?

Below you find the first three pages and here’s another hint, but then it’s your turn to come with something clever.

Salvatore Liquore left the States the day two planes crashed the Twin Towers. Since then every morning he gets up and the first thing he does is switch on the tv in the hope that the CNN anchor will announce the capture of Osama Bin Laden. Salvatore now lives in Brussels and he works for a UK advertising company. From here he gets trapped in a plot that covers the Athens Olympic Games, the secrets of an old librarian’s conspiracy, and a thread of distant relationships.

This is a book about books, a book on how inanimated things can influence men’s life. It is a novel about the inability to stand approximation. It is a story with no winners and no losers, an effort to show that there are equilibria other than the centre of gravity.

If you get it right, your name will appear in the book. Send your ideas to artemisio@hotmail.com

Happy title-hunting!

* * *

Alessandro Fusacchia ha scritto un romanzo, Davide Rubini lo ha trasformato in un libro. Ma adesso sono alle prese con un grosso dilemma: come chiamarlo?

Hanno bisogno di un titolo. Tu li puoi aiutare. In effetti, il titolo lo puoi DECIDERE tu. Hai tempo fino al 5 novembre 2008.

Solo che aspetta un secondo. Come puoi dare il titolo ad un romanzo senza averlo letto?

In basso trovi le prime tre pagine. Ma poi starà a te fare la tua parte. Sotto trovi anche qualche elemento in più:

Salvatore Liquore ha lasciato gli Stati Uniti nel giorno degli attentati dell’11 settembre. Da allora, ogni mattina, al risveglio accende il televisore per vedere se Bin Laden è stato catturato. Liquore vive a Bruxelles e lavora per una grande società inglese nel ramo pubblicitario. Da Bruxelles si trova coinvolto in una trama che ha sullo sfondo i giochi olimpici di Atene, una congiura di bibliotecari, e la nostalgia di legami lontani.

Questo è un libro sui libri, sulla follia che le cose inanimate possono trasmettere agli uomini. E’ un romanzo sull’incapacità di sopportare l’approssimazione. Sul senso della presenza e dell’assenza. In Liquore non ci sono né vincitori né vinti. E’ un tentativo per dimostrare che esistono altri punti di equilibrio oltre al baricentro.

Se trovi il titolo che piace, il titolo giusto, il titolo con ci uscirà il libro, il tuo nome figurerà nel romanzo. Diventerai parte della storia. Invia le tue idee su artemisio@hotmail.com

In bocca al lupo!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

The book will be launched on 5 December 2008 in Brussels at the Piola Libri in 66-68 rue Franklin • B-1000 Bruxelles – Belgium T     0032 (0) 2 736 93 91     • E info@piolalibri.be www.piolalibri.be

This novel will be published by Editions Biliki – www.biliki.com

This initiative is also on Facebook: http://www.facebook.com/event.php?eid=51399787576

 

 

Alessandro Fusacchia è nato a Rieti nel 1978. Vive a Roma e lavora per l’Ufficio G8 della Presidenza del Consiglio dei Ministri del Governo italiano. In passato ha lavorato nei gabinetti del Ministro del Commercio internazionale e del Presidente della Commissione europea. E’ ricercatore all’Istituto universitario europeo di Fiesole e insegna all’Istituto di Studi Politici di Parigi.

 

Davide Rubini è nato a Torino nel 1979. Vive in Norvegia dove lavora per una compagnia produttrice di gas e petrolio. In passato ha lavorato presso il gabinetto del Commissario europeo per le relazioni esterne e la politica di vicinato ed è stato assistente all’Istituto di Studi Politici di Parigi e all’Accademia Diplomatica di Vienna. Ha pubblicato diverse opera di narrativa.
 

Alessandro e Davide sono membri della Rete per l’Eccellenza Nazionale – www.progetto-rena.it

 

 

Titles suggested so far*:

 

Come polvere di biblioteca

Un bagliore nel tempo

Ex Libris Liquor

 

 

Incipit in English

 

Non solo Musseles & Frites!

Opache Olimpiadi

Tagli in aria

 

Coma etilico

Elide

Tra porri, libri e damigelle

La vera fuga di Bin dalle Torri gemelle

The zero equation

Il nome della mela

Il segreto

Il latitante

Storia di una latitanza perfetta

Lascatola nera

Il quore

Il quore in scatola

Il quore in brace

Il cattivo

 

The Salvatore

Senza Dio

 

Elisir impercettibile

The Bin and I

The ties you don’t see (are there and pulling you back)

Dappertutto e da nessuna parte

Fermamente in fuga da e verso

Opposites attack

Correre

All’indietro

Enough is not good enough

 

 

 

Bibliquore

L’altro io sei tu

Io sono la città

Viaggio contrario

Il complemento mancante

Sull’altro lato del risveglio

Gocce di Liquore

Totem

Geometrie variabili

Se una mattina…

Liquore, ultimo cicchetto

 

 

 

 

L’altro equilibrio

Labirinto

la luce per la farfalla

Elisir impercettibile

Il volo del tucano

Caccia timida

Il Dreamer

La scala di vetro

Alter Liquore

Gli anelli

Le linee di massima

Le curve di Giulia

Obiettivo mobile

Da un’altra visuale

Libera prigione
 
Il passo della formica
 
Chi ha scelto me?

Capelli grovigli

De visu – Con i propri occhi

La logica delle sveglie

Sotto Scacco

Logica trascendentale

Sveglia

Sveglie

Allarme

EQUI-LIBRI

Somma zero

Il creatore d’immagine

Papiro

Lo zootropio

Polvere di libertà

Comico e ribelle

Oltre le parole

Una mente mille paure
 
Tre anni di penumbra
 
Un risveglio nell’oriente paura nell’occidente
 
Spenta luce sotto la mia mente

 

Sim Sala Bin

L’illusionista delle torri

Dust

Il quore di carta

Congiura della polvere

Come un pesce nell’acqua

Dalle torri agli anelli

0,5 g nel sangue

 

 

 

Pubblicita subliminale logica formale

Equilibria – Sul filo del mondo

Una maschera per Salvatore Liquore

L’ago della bilancia

Risveglio del desiderio

NYC-BXL-CZ…

Astrologia terrena

Niente di personale

Illuminato a vita
 
La cattura dei vinti

Scatola rossa

Astrologia quotidiana

Nel mezzo

Il libraio olimpico

E’ un giorno nuovo

L’equilibrio preciso di un oggetto qualunque

Una vita in equilibrio

Equilibrio fuor d’asse

Liquido equilibrio

Il patto d’acciaio

Karock

Liquore

Collisioni

Salvatore

E se la Terra soffrisse di vertigini?

Una storia di Liquore

Come Oggi Domani

Il primo giorno di quel che resta della vita sua

Da qualche parte nel mondo

L’equilibrista dei meridiani

Una tra le ragioni

Tutto d’un sorso

 

 

Bin Laden chi?

Caduceo

Non lo hanno preso

A filo refe

Spirale plastica

Voglio sentire il sapore

Il morso della mela

Il figlio di Laden

Con ogni mezzo

Nessun luogo è me stesso

La verità sulla sedia

In quieto

Racconto Sospeso

Un punto nel cielo

Un buco nel cielo

Racconto Sospeso

Bin Laden sono io

Fuggì il mio tempo e la mia ombra lo seguì

Rewind, please

Romanzo

Le libere permutazioni di quattro parole

Equilibri antigravitazionali, lame rotanti e altre virtu’

Comprami!

Il titolo

Io sono il libro che cercavi

Gabriele for president

Informazione

Prospettive e punti di fuga

Liquore distillato

Non puo’ il mio zelo esser d’aiuto

Ogni maledetta mattina

 

  Nothing this morning, either.

      They still hadn’t got him.

      This had been Salvatore Liquore’s first thought every day, no sooner his eyes opened on waking, for over thirty-seven months. Then he would sit cross-legged on the bed, and switch on the TV.

      The mysterious smile and steady gaze of a black female CNN newsreader confirmed for him, while his cerebral translation service whirred into motion, that Bin Laden was still out there somewhere, a free man. Free, but vigilant. A condition not unlike his own: over three years’ confinement to the same places, imposed by the heavy workload in the service of Frank Leston, and the perpetual bond with Iolanda.

      Liquore was convinced that a special bond existed between himself and Bin Laden. He’d left for Brussels on the day of the attacks, with a one-way ticket. The plane he’d flown in had taken off from New York minutes before the Boeing crashed against the first of the twin towers.

      The departure had left him with a sense of dissatisfaction. He had never wanted to get used to the American way of striving for one’s place in society. He was profoundly convinced that everyone had their own from birth, and should settle for it. America though urged him continuously to advance himself. Tempting him monthly with alluring offers, she seemed set to make him even richer and more cynical than he already was. But Liquore didn’t want to advance himself. He considered it an immature attitude.

      And when this incompatibility of outlook became clear to him, he decided to return to Europe. But to a place at least 3 hours by plane from Catanzaro, the town in southern Italy where he’d grown up, and where his elderly mother still lived. He wished to avoid becoming a weekend commuter.

      Thus he’d accepted a job offer with a big English communications company, who were looking for someone to work alongside the new boss at their Belgian branch, the London thoroughbred, Frank Leston.

      One October morning, after a three-year wait and breakfast with CNN every rising, Liquore awoke in a sweaty state of agitation. He remained for a few seconds with his head buried in the pillow, chortling, and then announced: ‘We’re there. They’ve got him!’

      This was the first morning that on rising, he left the TV switched off, and forwent his freshly squeezed orange juice. He passed before the dark, dust-covered screen and headed straight for the bathroom. He cut his beard with nail scissors, applied some lather with a boar-hair brush, and finally shaved it off. And when he’d finished patting the skin dry, Salvatore Liquore re-discovered – more than three years on – his American face.

      He’d decided to grow the beard on his return to Europe. It had been his first thought on learning of the attacks, as he waited at Brussels airport for the luggage conveyor belt to start moving, when the news had already reached the last igloo at the North Pole, and the last hut in Africa. He’d made up his mind in a flash, and not even Iolanda had been able to dissuade him.

      He inspected the result of the shave now more closely. Somewhat leathery and lumpy in places, the skin emanated a Christian malice. He was no longer a fugitive.

 

Staring into the mirror, Liquore was elated, as if before a revelation. He could still feel between his legs the awakening erection, and he told himself that there was no better way they could have announced Bin Laden’s capture to him. In a dream. On an early morning plane from NY, and in the cabin at his side, a pale Arab who, no sooner had the wheels of the undercarriage retracted, opened the window and chucked a cigarette butt out over the sleepy metropolis.

      The same October morning that he ignored the TV and shaved off his beard, Liquore arose convinced that Bin Laden had remained in the USA right up to the last hour before the attacks. The question of how he had managed to avoid the airport security checks, or pass anywhere unobserved, nagged him briefly. Then he realised that only a fool would waste time on such queries. Indeed, it was unlikely that a man able to effect the disappearance of two towers which, stacked one on top of the other, stretched for almost a kilometre, would be unable to do the same with a person just under two metres in height. Especially if that person was himself.

      Maybe he hadn’t flown all that far. Maybe, rather than in Afghanistan, he’d been staying since September 2001 in a guest boarding house on the outskirts of Mexico City, wearing a broad sombrero, and riding about on a rickety old bike.

      Liquore avoided taking the lift. He slowly descended the three flights of stairs of the building where he lived. He reached the door which separated him from the pavement, and remained motionless behind the grey tinted glass, to observe the cars driving past, the people in the street, the plane trees in the park stirred by the wind, and the gloomy sky. The noises that reached his ears were muffled. It was as if he was immersed in a liquid environment.

      He drew a breath and went out. He walked to the office where he shut himself in his room and, staring through the leaves of the Ficus Benjamin at the roofs outside, greeted no-one.

      He found it inexplicable that an entire city could remain indifferent to the capture of a man that every stranger would have recognised in the street. The news would have filled any town, suburb or village with dozens of kids, improvised street newspaper vendors of the new millennium, ready to trade with passers-by and sell off the last photo of Bin Laden, exhausted and beardless, surrounded by a host of marines in smiling poses. Yet everyone was keeping the secret. Maybe soon they’d come and get him, interrogate him as well, and take him across the ocean, to the other side. 

  

 

Translation courtesy of Elizabeth Swain

Incipit in italiano

 

 

      Niente neppure stamattina.

      Non lo hanno preso.

      Era questo il primo pensiero che Salvatore Liquore faceva ogni giorno, al risveglio, da oltre trentasette mesi, appena aperti gli occhi e prima  di sedersi sul letto con le gambe a rana e accendere il televisore.

      Il sorriso misterioso e lo sguardo sicuro di una cronista di colore della CNN gli confermavano, mentre il suo servizio di traduzione cerebrale si metteva in moto, che Bin Laden era ancora là fuori, da qualche parte, in libertà. In una condizione di libertà vigilata, non dissimile dalla sua, dal momento che la mole di lavoro al servizio di Frank Leston e il perpetuo vincolo con Iolanda lo inchiodavano agli stessi luoghi da ormai oltre tre anni.

      Liquore era convinto che tra lui e Bin Laden esistesse un legame particolare. Era partito per Bruxelles nel giorno degli attentati, con un biglietto di sola andata. L’aereo con cui aveva viaggiato era decollato da New York pochi minuti prima dello schianto del boeing contro la prima delle Torri gemelle.

      Era partito con un senso di insoddisfazione. Non aveva mai voluto abituarsi a quello spirito di conquista del proprio posto in società che l’America insegnava. Era profondamente convinto che ognuno avesse il proprio sin dalla nascita e ci si dovesse accomodare. L’America, invece, lo spronava a continui miglioramenti, lo provocava con offerte allettanti ogni mese. Sarebbe stata capace di farlo diventare ancora più ricco e cinico di quanto già non fosse. Ma Liquore non voleva migliorarsi, lo reputava un atteggiamento immaturo. E così, quando se ne era reso conto, aveva deciso di rientrare in Europa.

      Si era scelto un posto che non fosse a meno di tre ore di aereo dalla casa dove era cresciuto, a Catanzaro e dove ancora viveva l’anziana madre. Voleva evitare di trasformarsi in un pendolare del fine settimana. Per questo aveva accettato la proposta di una compagnia inglese che si occupava di comunicazione. Cercavano qualcuno da affiancare al nuovo boss della filiale belga, il londinese purosangue Frank Leston. Si sentì da subito la persona adatta.

      Dopo tre anni di attesa e di CNN ad ogni risveglio, una mattina di ottobre Liquore si svegliò sudato e in preda all’agitazione. Rimase per qualche secondo col capo affondato nel cuscino. Rideva. Poi disse: “Finalmente ci siamo. Lo hanno preso.”

      Fu l’unica mattina in cui non accese il televisore. Si alzò, rinunciò alla spremuta di arance, e passò davanti allo schermo nero coperto da un velo di polvere tirando dritto in bagno. Si tagliò la barba con forbicette da toletta, poi si schiumò la faccia con un pennello di cinghiale, da ultimo si rase. Quando ebbe finito di asciugarsi la pelle, Salvatore Liquore ritrovò, dopo più di tre anni, la sua faccia americana.

      Aveva deciso di farsi crescere la barba al rientro in Europa. Era stato il primo pensiero che aveva fatto appena saputo degli attentati, mentre aspettava ancora che il nastro trasportatore dell’aeroporto di Bruxelles cominciasse a girare. Aveva deciso in un baleno e neppure Iolanda era riuscita a dissuaderlo.

      Adesso guardava con più attenzione. La pelle era di un livore cristiano, un poco indurita e con qualche grumo. Era dunque finita la latitanza.

      Con gli occhi fissi nello specchio, Liquore era emozionato come di fronte a una rivelazione. Sentiva ancora tra le gambe l’erezione del primissimo risveglio, e si diceva che non avrebbero potuto annunciargli la cattura di Bin Laden in modo migliore. In sogno. Con un aereo che partiva da New York al primo mattino, e un arabo smunto, accomodato al suo fianco in cabina, che, appena rientrato il carrello delle ruote, apriva il finestrino e lanciava un mozzicone di sigaretta sulla metropoli assonnata.

      La mattina di ottobre in cui non accese il televisore, la mattina in cui si tagliò la barba, Liquore si alzò convinto che Bin Laden fosse rimasto negli Stati Uniti fino ad un’ora prima degli attentati. Il pensiero di come fosse riuscito ad evitare i controlli allo scalo, o a non farsi notare in giro, lo sfiorò per un istante. Poi capì che solo un imbecille avrebbe perso tempo con quesiti del genere. Figuriamoci adesso se chi era in grado di far sparire due torri che in pila una sull’altra facevano quasi un chilometro, non era in grado di far sparire una persona di meno di due metri. Soprattutto se la persona in questione era se stesso.

      Magari non era rimasto troppo in volo. Magari invece che in Afghanistan, dal settembre del 2001, aveva sempre soggiornato in una pensione alla periferia di Città del Messico, con un largo sombrero, e spostandosi su una bicicletta sconquassata.

      Liquore evitò di prendere l’ascensore. Scese lentamente le tre rampe di scale della sua abitazione, poi raggiunse la porta che lo separava dal marciapiedi, e restò immobile, dietro il vetro scuro, a guardare le macchine passare, la gente per strada, i platani del parco appena percossi dal vento, il cielo basso. I rumori gli giungevano attutiti. Era come se fosse immerso in un ambiente liquido.

      Tirò un respiro e uscì. Camminò fino in ufficio e, una volta arrivato,si chiuse dentro la propria stanza, a guardare in silenzio i tetti attraverso le foglie del Ficus benjamin, senza dare il buongiorno a nessuno.

      Non riusciva a spiegarsi come un’intera città potesse rimanere indifferente alla cattura dell’uomo che ogni sconosciuto avrebbe saputo riconoscere per strada. Una notizia del genere avrebbe dovuto riempire qualsiasi borgo di decine di monelli, strilloni improvvisati d’inizio nuovo secolo, pronti a fare affari coi passanti, a rifilare l’ultima foto di Bin Laden esausto e sbarbato, circondato da drappelli di marines in bella posa. E invece tutti mantenevano il segreto. Forse presto sarebbero venuti a prenderlo. Avrebbero interrogato pure lui. Lo avrebbero ricondotto sull’altra sponda dell’oceano.

 

 

     

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Incipit in English

 

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One Comment on “UNTITLED”

  1. Loredana Says:

    Non so perche’, ma un tizio che si chiama ottimisticamente Salvatore, ma che di cognome fa Liquore, dolce e che stordisce insieme, per dimenticare, forse, il fatto che non puo’ Salvare nessuno…dicevo, mi fa pensare all’ultimo romantico, fuori tempo e fuori moda. Che non perde mai la speranza ma che sa che il disincanto e’ sempre dietro l’angolo e le cose, spesso, non cambiano mai.
    “COME OGNI GIORNO”
    e “L’ULTIMO ROMANTICO”
    Ciao e congratulazione.


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